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Crips & Bloods: una storia americana

Per comprendere a fondo la storia dei Crips e dei Bloods è necessario comprendere la storia degli Stati Uniti d’America. Molto spesso etichettati come semplici bande di teppisti senza speranza, Crips e Bloods portano sulle spalle una storia troppo complessa per essere ridotta a critiche superficiali. Come si dovrebbe fare per ogni fenomeno sociale, innanzitutto, è fondamentale chiedersi perché questi due schieramenti hanno preso forma, ancor prima di analizzare i fattori che li hanno portati a diventare parte integrante della struttura urbana nordamericana.

Se la signora Rosa Parks non fosse nata nella lontanissima Tuskegee, in Alabama, ed il reverendo Martin Luther King, Jr. (anche lui del sud) non fosse stato fermato dai suoi assassini prima di portare il suo messaggio di pace ed uguaglianza in ogni angolo del paese, forse questo articolo non sarebbe mai stato scritto; anni ed anni di violento razzismo (anche dopo la fine formale dello schiavismo) non sono stati cancellati dalle lotte disarmate di King, né da tutti coloro che credevano in un’emancipazione della coscienza comune, a ridosso di quell’utopistica speranza per un mondo migliore e mansueto che fu Woodstock, corroborata dall’amore a basso costo cantato dai Beatles nell’album “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club”, del 1967.

L’America nera non riuscì mai a fare propri i valori psichedelici del movimento hyppie: lo slogan antibellico “mettete dei fiori nei vostri cannoni” non poteva funzionare per gli afroamericani, dal momento che quegli stessi cannoni erano costantemente puntati dalla polizia contro le loro teste, nei più malfamati bassifondi delle grandi città statunitensi.

Malcolm X, d’altronde, aveva tracciato una via ben più percorribile, rispetto a quello sterile collaborazionismo con la società bianca perpetrato dal reverendo King, che faceva storcere il naso a quella grossa fetta d’America che non aveva mai familiarizzato con il suo credo a tinte gandhiane: “Nessuno può darti la libertà. Nessuno può darti uguaglianza o giustizia o quant’altro. Se sei un uomo, va’ e prendi ciò di cui hai bisogno”.

Malcolm X (all’anagrafe Malcolm Little) aveva avuto un’infanzia ben diversa rispetto a quella di Martin Luther King: la povertà gli aveva fatto conoscere le celle della galera molto presto, mentre il suo collega di Atlanta percorreva la strada che lo avrebbe portato, a soli 25 anni, ad assumere l’incarico di pastore presso la Dexter Avenue Baptist Church di Montgomery (Alabama). Folgorato dalle dottrine estremiste della Nation of Islam di Elijah Muhammad, Malcolm ne divenne l’oratore più carismatico, ma il suo distacco dal movimento (avvenuto dopo il suo pellegrinaggio alla Mecca, nel 1964, che gli ispirò posizioni più moderate) gli fu fatale: il 21 febbraio 1965, prima di un discorso davanti ad un’assemblea, ad Harlem, tre sicari della N.O.I. misero fine all’esistenza di quel giovane uomo (aveva solo 39 anni), che avrebbe davvero potuto guidare la sua fazione verso un futuro luminoso.

Persi Malcolm X e Martin Luther King, si spianò la strada alla violenza. Il Black Panther Party durò solo una decina d’anni, prima che la maggior parte dei suoi esponenti più illuminati fossero uccisi o fatti marcire nelle prigioni federali: le strade erano piombate nel caos totale.

Se, nonostante tutto, New York poteva contare sulla Zulu Nation di Afrika Bambaataa, in California mancava totalmente una figura rappresentativa che si preoccupasse di indicare la via da seguire, un vero leader che mettesse ordine nella tumultuosa e pericolosissima vita quotidiana di ogni giovane adolescente nero.

I ghetti, d’altronde, furono una creazione puramente bianca, nata dal totale disinteresse da parte delle autorità per il destino dell’ex popolo schiavo: mentre l’America repubblicana del controverso Nixon lavorava sullo sviluppo economico e l’anticomunismo, gli sfarzosi proclami della lotta alla diseguaglianza razziale servivano soltanto a dare all’elettorato una parvenza di pensiero illuministico, che, nella realtà, non occupava nemmeno una riga nell’agenda di Kissinger.

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Malcolm X

CRIPS E BLOODS

In questo clima di odio e tensione, dunque, puntiamo la lente d’ingrandimento su Watts, un sobborgo di Los Angeles dove, verso la fine degli anni ’60, esplose quella violenza che – tutti sapevano – prima o poi sarebbe finita sulle prime pagine dei giornali.

Le storiche rivolte di Watts (delle quali fu responsabile anche il Black Panther Party, e che coinvolsero principalmente i complessi popolari di Imperial Courts, Nickerson Gardens e Jordan Downs) diedero origine ad un impressionante numero di gang di strada, tra cui un gruppo di giovanissimi vandali, che si facevano chiamare The Avenues, e di cui entrò presto a far parte Raymond Lee Washington.

Washington era nato a Los Angeles, nel 1953, e poté testimoniare con i propri occhi il degrado della periferia di una delle città più importanti del mondo: spacciatori di crack, ubriachi e rapinatori incalliti costrinsero il ragazzo ad imparare l’arte dell’autodifesa, così come molti suoi coetanei, nel nome dell’istinto di sopravvivenza.

Conosciuto come un impavido guerriero del ghetto, Washington decise di formare la propria “squadra”, la quale, nelle sue intenzioni originarie, avrebbe dovuto conquistare il maggior numero di affiliati, in modo da poter dar vita ad una sorta di organizzazione simil-massonica, chiusa e guardinga, che avrebbe tutelato i neri nei confronti della straripante violenza cittadina.

Annesse molte delle gang più temibili di South Central attraverso il duello fisico, Washington chiamò la propria ciurma Crips, nome sulla cui origine ci sono pareri piuttosto discordanti: termine apparso per la prima volta su un articolo del Los Angeles Sentinel, alcuni sostengono, ad esempio, che si tratti di una semplice storpiatura del sostantivo “crib” (in inglese “culla”, riferito all’ala più giovane degli Avenues, di cui Washington faceva parte), mentre altri ritengono invece che il significato della parola sia criptico, probabilmente riconducibile all’acronimo “Community Revolutionary Interparty Service”, anche se quest’ultima tesi è stata spesso confutata dagli stessi membri dell’organizzazione.

La storia di Washington e dei Crips, comunque, è indissolubilmente legata a quella di un altro giovane, anch’egli violento e carismatico, che sarebbe entrato nei libri di storia come il co-fondatore di questa spavalda associazione: Stanley Tookie Williams III.

Nativo della Louisiana, ma trapiantato in California all’età di nove anni, Tookie conobbe Raymond Washington nell’estate del 1971, alla Washington Preparatory High School, situata nella circoscrizione di Wesmont, a sud di Los Angeles.

Impressionato dalla sua vigorosa e minacciosa forma fisica (Williams era appassionato di bodybuilding), Washington propose l’indissolubile alleanza dalla quale nacquero, appunto, i Crips.

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Raymond Lee Washington.

Se tutta la storia si riducesse al semplice incontro tra due “comandanti”, probabilmente, questo articolo potrebbe anche finire qui. Tuttavia, lo spirito di competizione – che in America, più che in ogni altro luogo del mondo, pervade le acerbe menti dei suoi abitanti più giovani – portò ben presto ad un atto di disobbedienza nei confronti dell’egemonia dei Crips, che si personificò in Sylvester Scott e Benson Owens, due studenti della Centennial High School (scuola superiore pubblica situata a Compton), i quali, sentitisi umiliati da un pestaggio da parte di Raymond Washington e dei suoi uomini, decisero di costituire i Bloods, in quella Piru Street che diede il nome al primo “set” (divisione) della banda.

Fin dalla loro fondazione, i Bloods (che presero il nome dal colore dei vestiti indossati dai suoi membri, di tonalità “rosso sangue”, ed in contrapposizione con il blu, colore prediletto dei Crips) s’imposero come antagonisti primari nella lotta alla supremazia imposta da Washington e Williams, sopperendo al numero inferiore di “soldati” con la maggiore crudeltà nelle azioni perpetrate, tanto da balzare agli onori della cronaca per un omicidio che, senza dubbio, ha segnato l’inizio ufficiale delle ostilità tra le due bande: il 21 marzo 1972, all’uscita da un concerto di Wilson Pickett e Curtis Mayfield presso l’Hollywood Palladium, un membro dei Crips, Robert Ballou, Jr., venne picchiato a morte da un gruppo di Bloods, in quanto si era rifiutato di consegnare la sua giacca di pelle ai rapinatori. La brutalità del gesto, riportata nei dettagli più scabrosi dai media, fece inorridire addirittura la comunità bianca dell’epoca, solitamente sorda nel caso in cui le vittime di un delitto non fossero caucasiche. Le reciproche rappresaglie che seguirono la morte di Ballou si trasformarono ben presto in selvaggi massacri, durante i quali i Bloods introdussero l’uso delle armi da fuoco, prima ufficialmente bandite dall’etica guerrigliera arcaica imposta da Washington.

Snoop Dogg mostra una foto scattata in compagnia di Stanley Tookie Williams

Snoop Dogg mostra una foto scattata in compagnia di Stanley Tookie Williams

Lo stesso Washington, d’altronde, finì per perdere il controllo della sua “creatura”, nel giro di una manciata di anni: arrestato per rapina nel 1974, venne scarcerato cinque anni più tardi e, al suo ritorno nelle strade, si rese conto che nulla di ciò che aveva immaginato per la sua gente era rimasto. I Crips, ormai, non erano più quella coraggiosa organizzazione che avrebbe dovuto farsi carico della protezione dei neri californiani, bensì un nutrito clan di banditi dedito allo spaccio di droga, al traffico d’armi e alla prostituzione, in costante lotta con i Bloods, ormai proclamati eterni rivali.

Oggi, i Crips contano più di 35.000 membri, i Bloods circa 20.000. In ogni parte d’America (e addirittura in alcuni paesi d’Europa, come in Gran Bretagna), l’orgoglio di appartenenza viene ostentato attraverso una particolarissima simbologia, che include – oltre allo slang e all’enigmatica cultura del tatuaggio – anche il brand del vestiario: i Bloods, ad esempio, indossano magliette e cappellini dei Chicago Bulls (per via del colore predominante della squadra, il rosso) e dei Dallas Cowboys (il cui logo è una stella a cinque punte, un loro tipico segno distintivo); al contrario, i Crips tendono a prediligere la marca Reebok (il cui abbreviativo, BK, può ricondurre facilmente a “Blood Killer”), nonché articoli degli L.A. Dodgers, squadra di baseball che fa del blu il suo colore principale.

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Cosa ne è stato, infine, dei “padri fondatori” dei Crips?

  • Il 9 agosto 1979, Raymond Washington fu ucciso dai suoi stessi soldati, in un’imboscata, al numero 6326 di San Pedro Street (Los Angeles), poiché si era opposto all’uso delle armi e aveva dichiarato di volere una tregua con i Bloods, mentre studiava un modo per riunificare tutte le divisioni dei Crips sotto la sua leadership.
  • Arrestato per omicidio e rapina nel 1979, Stanley Tookie Williams fu condannato a morte e giustiziato tramite iniezione letale nel carcere di San Quintino (California), il 13 dicembre 2005, nonostante si sia sempre dichiarato innocente.

Per quanto riguarda la sorte toccata agli ideatori dei Bloods, invece, le poche notizie d’archivio riguardanti Sylvester Scott e Benson Owens sono frammentarie e non attendibili.

Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy

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Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy

Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy

Classe 1991, vive e lavora a Milano. Esperto di cultura Hip-Hop statunitense, collabora con Mondo Rap dall'ottobre del 2015.