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Rakim: il “Maestro”

The God”, “The R”, “The Microphone Fiend”: sono innumerevoli gli appellativi con cui ci si riferisce a Rakim, indubbiamente il più geniale pioniere nell’arte dell’MCing durante gli ultimi anni della cosiddetta “golden age” dell’hip-hop.

Descrivere Rakim per ciò che rappresenta richiede cautela e riverenza, poiché la sua eredità artistica eguaglia senza troppe difficoltà quella lasciata da tutti quei giganti che sono stati capaci di sfondare nell’universo commerciale che conta, pur mantenendo ben solida la propria credibilità di strada.

Rakim, come artista, non ha mai conosciuto un vero e proprio successo commerciale ma, nel suo caso, questo argomento non ricopre alcun tipo d’importanza; il suo personaggio nasce nell’epoca in cui l’hip-hop – ancora confinato ad uno stadio quasi embrionale, sia musicalmente che socialmente – non aveva alcun fermo bisogno di rappresentanti mainstream, bensì di pionieri dalle qualità artistiche sopraffine che mostrassero la via per gli adepti di ogni generazione futura. In questo senso, Rakim si colloca perfettamente in questo tipo di categoria, dopo aver consegnato alla storia dei prodotti che dovrebbero essere religiosamente studiati da chiunque si avvicini alla musica rap.

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Kool Moe Dee

 

William Michael Griffin, Jr. (il suo vero nome) è figlio di quella corrente riflessiva e profonda lanciata da Kool Moe Dee, dopo che quest’ultimo fu in grado – nei primissimi anni ’80 – di vincere una battaglia storicamente fondamentale per la successiva conformazione genetica dei rapper, contro l’eccentrico Busy Bee.

Fu Kool Moe Dee, infatti, a dar vita alla figura del “lyrical MC”, e fu una svolta epocale: fino a quel momento, infatti, l’MC non era altro che un semplice aizzatore di folle, una sorta di “buffone di corte”, il cui unico ruolo era quello di invitare le folle dei club a dimenarsi sulle piste da ballo sulle note sincopate del DJ di turno; con l’arrivo sulle scene di Moe Dee, tuttavia, il ruolo del rapper cambiò totalmente, facendo scomparire quasi del tutto gli “animali da palcoscenico” come Busy Bee ed inaugurando una tradizione stilistica basata sulla “consciousness” (“coscienza”), trasformando così il rapper in una specie di pastore battista, un portatore di verità al quale la folla poteva aggrapparsi per riflettere su argomenti profondi ed imparare qualcosa.

Fin dal principio, Rakim fece sue le caratteristiche peculiari di Kool Moe Dee ed affinò la propria tecnica, modellando il suo personaggio fino al punto di farlo apparire come un mostro sacro, così misterioso e diverso rispetto a tutti gli altri esponenti dell’epoca: i suo argomenti illuminanti ed il suo tono di voce basso ma deciso – insieme all’abilità di sputar fuori rime sorprendentemente infuocate – ne fecero un’istantanea leggenda, non appena il suo album di debutto (affiancato dall’acutissimo produttore Eric B.), “Paid in Full”, arrivò nei negozi di tutta America, nell’ormai lontano 1987.

Eric B e Rakim

Eric B e Rakim

In un certo senso, si può dire che Rakim fu il primo, insieme a KRS-One (Chuck D sarebbe arrivato poco più tardi) a sfondare come “liricista da biblioteca”, con l’unica differenza che il nostro non si è mai davvero addentrato nell’intricato campo politico, esplorato invece con convinzione sia dai Boogie Down Productions che dai Public Enemy; il suo obiettivo era semplicemente quello di stupire il pubblico per la sua intelligenza, spostando il baricentro unicamente su sé stesso e ponendosi ben al di sopra della media degli artisti del suo tempo.

Il mezzo utilizzato più efficacemente da Rakim per dar dimostrazione della propria sagacia, oltre alle argomentazioni dei suoi testi, è stato certamente l’arte della rima.

Ben prima dell’avvento sulle scene di veri propri maestri del calibro di Kool G Rap e Big Daddy Kane, Rakim si distinse sulla scena hip-hop della seconda metà degli anni ’80 per l’acutezza delle sue rime interne e multisillabiche, graffianti e dotate d’innegabile perfezione sintattica. Fu proprio questa la grande rivoluzione portata da Rakim. Fino all’ascesa dei rapper di punta del gruppo Def Jam (LL Cool J, Run-D.M.C., Beastie Boys), le rime si basavano sostanzialmente sull’utilizzo di diverse parole accomunate dalle stesse lettere contenute nell’ ultima sillaba (“cat” e “rat”, “game” e “fame”, oppure “best” e “contest”); Rakim, invece, preferì orientarsi verso l’assonanza dei sostantivi, senza badare al fatto che le parole avessero diverse sillabe tra loro, bensì curandosi che suonassero stilisticamente bene in rima. In poche parole, l’abbandono della classica ed elementare rima baciata.

 

 

Facendo un esempio concreto, possiamo citare l’inizio del secondo verso della canzone “Follow the Leader”, pubblicata nel 1988:

This is a lifetime mission, vision of prison… aight, listen!”.

In questo breve estratto, è evidente il passaggio innovativo da rima semplice e complessa: “mission”, “vision” e “prison” possiedono tutte la desinenza finale “on”, ma ecco che, proprio alla fine della riga, fa la sua comparsa il verbo “listen”, che possiede una desinenza differente, ma che permette al flow di scorrere comunque in modo assolutamente armonico. Si tratta della caratteristica sintattica che nella grammatica italiana è conosciuta con il nome di “allitterazione”.

La grande rivoluzione sta nel fatto che Rakim è stato in grado di portare questo modo di rappare a livelli mai visti prima, più di quanto altri liricisti prima di lui erano stati in grado di fare. Da quel momento in poi, infatti, ogni rapper si sarebbe dovuto concentrare maggiormente sulla stesura dei propri testi, non solo per quanto concerne i contenuti, ma anche e soprattutto per la qualità delle rime.

Un altro esempio a riguardo può essere la canzone che lancio Eric B. & Rakim come duo, “Paid in Full” (primo singolo dell’omonimo album), ed in particolar modo, le primissime parole di essa:

Thinkin’ of a master plan
‘cause ain’t nuthin’ but sweat inside my hand
so I dig into my pocket, all my money is spent
so I dig deeper but still comin’ up with lint
so I start my mission, leave my residence
thinkin’ how could I get some dead presidents*”.

Nonostante Rakim ed Eric B., come detto, non riuscirono mai ad ottenere il primo posto in nessuna classifica (il loro miglior piazzamento fu un subito dimenticato quarto posto con il singolo “Don’t Sweat the Technique”), i due ragazzi di Long Island possono essere ben etichettati come tra i più grandi personaggi che l’Hip-Hop abbia mai avuto modo di conoscere, e come coloro che hanno saputo dare un irripetibile contributo alla già affollata scena newyorkese degli ultimi anni ’80. Tra le ultime forti voci provenienti dalla costa atlantica, prima che la California, con gli N.W.A, facesse sentire la propria.

 

 

Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy

 

*I “dead presidents” (letteralmente “presidenti morti”), citati nel pezzo, sono un riferimento metaforico ai soldi, in quanto, sulle banconote americane, compaioni i volti di alcuni degli ex presidenti degli Stati Uniti d’America.

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Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy

Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy

Classe 1991, vive e lavora a Milano. Esperto di cultura Hip-Hop statunitense, collabora con Mondo Rap dall'ottobre del 2015.